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Il sabato del villaggio: storia, cronaca, usi e costumi di Pontecagnano Faiano (II)

LA STORIA DI PONTECAGNANO E FAIANO IN QUATTRO PARTI

A cura di Francesco Longo

Parte seconda

Il periodo medievale (476 – 1492)

Alla caduta dell’Impero romano (quinto secolo dopo Cristo) Picentia fu attraversata dalle orde barbariche dei Visigoti nel 410 e poi dei Vandali nel 456. A tali eventi sconvolgenti fecero seguito le terribili incursioni dei pirati saraceni che, fra il nono e l’undicesimo secolo, terrorizzarono le coste del Mediterraneo: aggredivano villaggi e città per rapire uomini, donne e bambini che trasportavano oltremare e li vendevano come schiavi. Perciò, dal quinto secolo in poi, i Picentini progressivamente abbandonarono la piana e si spostarono sulle colline vicine. (Per di più, nei secoli successi- vi, la ridotta attività boschiva e la mancata manutenzione dei corsi d’acqua lasciarono defluire a valle enormi quantità di detriti franosi, che si accumularono sul suolo costiero, determinandone un lento e costante innalzamento. Ciò trasformò le terre a sud dell’attuale strada ferrata in una immensa palude, regno di zanzare e di malaria. Da tale condizione risorgerà dopo circa mille anni, con la rudimentale bonifica borbonica prima e poi con quella integrale del 1900, conclusasi solo settanta anni fa). Nel corso dei quattrocento anni della dominazione longobarda (630–1077) i Picentini si insediarono stabilmente sulle colline del Picentino e delle zone confinanti. Costruirono casali e castelli; coltivavano il grano, la vite, l’ulivo e, intorno ai corsi d’acqua, anche il riso. I castelli ed i casali, nel loro insieme, erano un sistema integrato; i castelli di San Cipriano, Giffoni, e Montecorvino proteggevano i casali circostanti che, riuniti per unità territoriali, formavano dei comuni feudali. Questa struttura feudale fu conservata durante tutto il periodo Normanno (1077-1194) e quello Svevo (1194-1266). Nel tredicesimo secolo Giffoni era sede di contea con tre comuni distinti: Valle e Piano, Sei casali e Gauro; San Cipriano era una baronia a sé; Montecorvino un comune. E Faiano costituiva un comune autonomo, essendo feudo ecclesiastico. Fin dall’epoca romana, Faiano è stato centro di profonda tradizione religiosa. Lo testimoniano il suo nome, che deriverebbe da “Fanum Iani” cioè tempio di Giano e le sue antiche chiese. Quella di San Vincenzo, in cui nel nono secolo vissero e morirono i santi vescovi Quirino e Guingenzio; e quella della Santissima Trinità, detta del Padreterno, in cui si trovano i resti dell’affresco bizantino del Cristo Pantocrator, fatta costruire dal principe longobardo Gisulfo, nell’anno 1000 circa. Nel 1167 il territorio di Faiano, già istituito feudo ecclesiastico, fu affidato da Guglielmo II (normanno) al Monastero di San Benedetto di Salerno, insieme al castello di Montecorvino con tutte le sue dipendenze. (Nel pe- riodo medievale i feudi erano possedimenti del sovrano, che concedeva a beneficiari, laici o ecclesiastici, la giurisdizione civile, penale e fiscale; d’altra parte i beneficiati, compresi gli abati, assicuravano al sovrano la fedeltà dei sudditi). I Faianesi, dunque, avevano l’obbligo di lavorare i campi, il cui raccolto andava al monastero benedettino di Salerno e, in subordine, all’abate di Faiano. Nel   tredicesimo secolo Faiano aveva assunto il ruolo di “capoluogo” della zona meridionale della valle del Picentino, compresa la pianura abbandonata ed inospitale.

Dalla dominazione Sveva (1194-1266) a quella Angioina (1266-1442) a quella Aragonese (1442-1503) a quella del Vice regno spagnolo (1503-1707) ed infine a quella dei Borboni (1734-1861), i vari sovrani confermarono la concessione del feudo di Faiano al Monastero benedettino di Salerno (con l’eccezione degli ultimi cinquant’anni circa del regno borbonico). Nella seconda metà del 1400 venne istituita la Badiale Corte di Faiano, importante istituzione feudale per l’esercizio diretto della giurisdizione. Poco tempo dopo fu edificata a Faiano, accanto al Monastero, la nuova chiesa badiale di San Giuliano, al posto di quella antica della Santissima Trinità (del Padreterno).

I tempi difficili creano uomini forti …

Hanno intervistato il fondatore di Dubai, Sheikh Rashid, sul futuro del suo paese, lui ha risposto:′

′ Mio nonno camminava con il cammello, mio padre camminava con il cammello, io cammino in Mercedes, mio figlio va in Land Rover, e mio nipote andrà in giro in Land Rover, ma al mio bisnipote gli toccherà tornare a camminare con il cammello……”

Perché′′ I tempi difficili creano uomini forti, gli uomini forti creano tempi facili. I tempi facili creano uomini deboli, gli uomini deboli creano tempi difficili.”Molti non capiranno, ma bisogna crescere guerrieri, non parassiti…”

[la città di Dubai utilizza energia esclusivamente da fonti rinnovabili]

Il sabato del villaggio: storia, cronaca, usi e costumi di Pontecagnano Faiano (I)

LA STORIA DI PONTECAGNANO E FAIANO IN QUATTRO PARTI

A cura di Francesco Longo

Parte prima

Il periodo antico (3.000 avanti Cristo, circa – 476 dopo Cristo)

La nostra storia inizia circa 2.800 anni fa, quando un gruppo di Etruschi provenienti dalla Toscana e dall’alto Lazio si stabilì nel nostro territorio. Gli Etruschi erano un popolo di esperti navigatori (furono padroni assoluti del mar Tirreno, dal nono al quarto secolo avanti Cristo) ma anche di bravi artigiani, di validi ingegneri e di smaliziati commercianti. La nostra piana era fertile, riparata a nord dalle colline; la costa (molto diversa da quella di oggi) presentava alte dune e profonde lagune, ottime per l’approdo delle imbarcazioni. Allora il fiume Picentino era navigabile per alcuni chilometri; alla sua foce gli Etruschi costruirono il porto. Come era nella loro tradizione, si insediarono a distanza dal mare, esattamente dove è oggi il nostro centro storico e cioè fra l’attuale strada statale 18 e la autostrada. Nel suo primo secolo di vita, quella comunità di frontiera (era la più a sud dalla madre-patria) si dedicò all’agricoltura, all’allevamento, all’artigianato ed al commercio. Scambiava i suoi prodotti con le genti italiche dell’interno, risalendo i fiumi Picentino, Tusciano e Sele. Ma nel corso dei due secoli successivi, quel piccolo villaggio si trasformò progressivamente in una grande e ricca città: Pikèntia Amìnaia. I nostri, nel frattempo, avevano incrementato e migliorato l’agricoltura, l’allevamento, la produzione artigianale (dei metalli, del legno, dei tessuti e della ceramica); avevano potenziato la flotta ed il porto. E quando i Greci si stabilirono ad Ischia ed a Cuma, gli Etruschi cominciarono a commerciare con loro e svilupparono vertiginosamente i propri scambi. Che non avvenivano più solo con gli italici dell’entroterra o con i “connazionali” dell’Etruria-madre, ma con tutti i popoli del Mediterraneo orientale: Grecia, Egitto, Siria ed Asia minore. Circa 2.600 anni fa, Pikèntia Amìnaia era una florida città-mercato, un vero emporio internazionale. Vi si potevano acquistare i prodotti etruschi locali e tosco-laziali (utensili domestici, arnesi da lavoro, vasellame, strumenti musicali, armi e gioielli) nonché i prodotti del vicino e montuoso entroterra italico (lana, formaggi, carni e legname); ma anche dei raffinati prodotti esotici (ceramiche di Atene e di Corinto; vasellame, arnesi ed arredi in bronzo, argento ed oro greci e siriani; avori, pendagli e collane di ambra, scarabei ed altri amuleti egiziani; unguenti e profumi fenici). In quella prestigiosa ed opulenta città, la comunità originaria, cresciuta di numero, aveva assunto una nuova articolazione sociale; oltre agli agricoltori, agli allevatori ed agli artigiani, ora c’erano i guerrieri ed i grandi commercianti. Al vertice della gerarchia sociale c’erano ricche e potenti famiglie aristocratiche, da cui proveniva il gruppo dei prìncipi, veri capi politici, religiosi e militari, che nulla avevano da invidiare ai pari-grado delle altre e più note città dell’Etruria madre (Vetulonia, Vulci, Cerveteri, Tarquinia e Veio). Allora Pikèntia, insieme a Capua, era il centro etrusco più importante nella Campania. Ma alla fine del settimo secolo a.C. i Greci si insediarono a Paestum e cominciarono a disturbare il commercio marittimo dei nostri. Così iniziò il lento declino della Pontecagnano etrusca. In quel periodo furono costruiti a Pikèntia due santuari: uno dedicato ad Apollo, nella zona dell’attuale via Verdi; ed uno dedicato a Demetra, nella zona tra via Picentino e l’autostrada. Dopo circa un secolo, altri Greci, di Siracusa, sconfissero la flotta etrusca a Cuma (era la flotta di tutti gli Etruschi, quelli della Toscana, del Lazio e della Campania) e fondarono Napoli. Così gli Etruschi persero il dominio del mar Tirreno e quindi il loro potere militare e commerciale. Anche Pikèntia Amìnaia decadde. Durante il quinto secolo avanti Cristo i Sanniti la invasero, senza distruggerla. Agli inizi del terzo secolo avanti Cristo, giunsero nella nostra piana i Romani che travolsero tutti: Sanniti, Greci ed Etruschi.

Nel 268 avanti Cristo Pikèntia Amìnaia, dopo circa cinque secoli, cessava di esistere; al suo posto nasceva la romana Picentia. In quell’anno i Romani vi deportarono i Piceni ribelli (dalle Marche), facendone di fatto una colonia penale. Circa cinquanta anni dopo, di nuovo intervennero a Picentia e la punirono duramente, perché aveva dato sostegno ad Annibale, il nemico mortale di Roma. Nel 198 avanti Cristo i Romani insediarono alla foce dell’Irno un potente presidio militare, fortificato, per controllare da vicino l’indocile Picentia; fu così che nacque Salerno. Circa cento anni dopo, nell’89 avanti Cristo, durante la Guerra Sociale, l’esercito romano si abbatté nuovamente su Picentia e la mise a ferro e fuoco, perché essa ancora una volta era stata dalla parte dei rivoltosi. Del peri- odo romano della nostra comunità non sappiamo molto di più, se non che il termine “Picentia” arrivò ad indicare l’intero territorio dell’attuale provincia di Salerno.

2021 ANNO 20 NUMERO 1